Negativo. Negativo! NE-GA-TI-VO!!! Vorrei urlarlo, scendere dalla macchina e gridare. Un messaggino nel pomeriggio, visto con la coda dell’occhio mentre guido, che ti dice che tutto il gruppo è negativo. Accosto la macchina, prendo il telefono e con la velocità di una gazzella avverto tutti i miei contatti…
E respiro..! Mi rendo conto di aver trattenuto il fiato per due giorni,
ho annullato tutti gli impegni, ho rimandato la mia seduta di psicoterapia, non volevo parlarne, non volevo aprire la mente e prendere contatto con l’angoscia delle possibili conseguenze.
La sera festeggio, a casa, una bella cena, vino nei calici e tanti abbracci. Mi è sembrato un tempo infinito, non potersi stringere, toccarsi. Come essere “divorziati” ma coabitare. Perché nell’altro c’è forse la stessa paura, che è difficile da verbalizzare, quindi non ha voce. La paura di poter essere contagiati e di poter essere stati contagiati. Che non può dirti, ma che tu immagini. Quindi, si sommerebbero le paure e le angosce, ma allo stesso tempo si perderebbero in un mare di ipotesi. Nel tempo sospeso dell’attesa.
Pian piano cerchi di tornare alla tua vita e alla razionalità, cerchi di dare confini a quanto successo e di ritrovare la tua strada. Però la sensazione resta, sei un sopravvissuto, hai sfiorato il confine, ti è passato vicino ma non ti ha travolto. Per ora, certo, non è un giudizio definitivo. Con buona probabilità ci sarà il secondo tampone di conferma, non ce l’hanno comunicato ancora. Questa volta l’hai scampata! Bene! Avanti così!
C’è un fondo di rabbia per la data del referto, precedente a quando ci è stato comunicato. Dovevano dircelo subito, appena lo sapevano!!! Ma in medicina funziona così, si avvertono subito i malati, per le urgenze, la logica dell’emergenza, però si dimentica che tutti i potenziali pazienti hanno una psiche, non sono numeri. Deve essere preservato il livello di benessere psicologico, riducendone al minimo le conseguenze. D’accordo, solo parole. Meglio smettere.