Mi trovo a scrivere queste parole spinta da un bisogno di forte di esprimere e di condividere. Chi mi conosce sa che non sono molto “social”, quindi mi trovo in una condizione nuova per me. Ma oggi mi sento di assecondare questo bisogno.
Sono passati tre mesi, tre mesi dal primo “DPCM”, acronimo che abbiamo iniziato nostro malgrado a conoscere, che ci ha costretto, per ragioni assolutamente di necessità, a cambiare radicalmente la nostra quotidianità, e le nostre vite.
E mentre tutto rallentava fino a fermarsi, intorno a me, io ho iniziato a correre. Senza muovermi.
È cambiata certo la mia quotidianità. Niente più impegni fuori casa, quasi nessuno da accogliere in studio. Però ero in un vortice di vita. Impegnata nelle attivazioni di psicologia dell’emergenza, con un carico emotivo nuovo da sostenere per supportare gli altri mentre imparavo meglio a leggere me stessa e a comprendere il mondo intorno. L’impegno nei progetti volontari di attività per i bambini on line. Il mio lavoro di consulenza diventato “a distanza”, con nuovi spazi da progettare e tempo da significare. Nuove scoperte, cimentarmi per la prima volta nella formazione online, come discente ma soprattutto come docente. E nuovi impegni lavorativi, con possibilità che solo in questo lockdown potevano nascere.
E poi, affrontare alcune cadute e imprevisti. Non è stato semplice. Essere chiusi ha significato anche non avere momenti per distrarmi, per provare a scacciare via i pensieri pesanti.
Quindi ho deciso di immergermi nella mia sofferenza e nel senso di fallimento. Di aprire ed esplorare il significato che quegli eventi hanno rappresentato per me, invece che chiudermi e rimuginare. Ho ritrovato colleghi, amici e supervisori pronti ad accogliermi e a condividere, che ringrazierò sempre, ma anche nuovi contatti e nuovi legami, inaspettate e gioiose scoperte della vita.
Tre mesi, tre mesi soltanto sono passati da quel 4 marzo. Ma il tempo oggettivo in questo caso non conta. Tutto è stato vissuto “in soggettiva”. Nessun riferimento esterno o contestuale. Nessuna ricorrenza specifica ha scandito le giornate. Soltanto l’“esserci” ha avuto senso e ha dato il senso.
Adesso stiamo ricominciando a riprendere gli spazi conosciuti e i tempi del quotidiano. Certo, la conoscenza del futuro non è tra le possibilità umane, però so di aver vissuto questi mesi come un dono per la crescita personale, e che le riflessioni e le consapevolezze acquisite in questo periodo continueranno a maturare e ad evolversi. In un continuo divenire.